
Mese: dicembre 2022
buona serata
buon Natale a tutti voi
Bozza automatica

Formicolante città, città piena di sogni,
Dove lo spettro in pieno giorno s’attacca al passante!
I misteri colano d’ogni parte come linfe
Dentro i canali stretti del colosso possente.
Un mattino, mentre nella triste strada
Le case, allungate dalla bruma,
Sembravano i due argini d’un fiume in piena,
E, scenario simile all’anima d’un attore,
Un nebbione sudicio e giallo inondava tutto lo spazio,
Io camminavo, tendendo i miei nervi come un eroe
E discutendo con la mia anima già spossata,
Giù per il quartiere scosso da pesanti carriaggi.
Improvvisamente, un vecchio i cui stracci gialli
Sembravano imitare il colore di questo cielo piovoso,
E il cui aspetto avrebbe fatto fioccare elemosine,
Senza quella cattiveria che luceva nei suoi occhi,
M’apparve. Si sarebbe detto che avesse la pupilla temprata
Nel fiele; il suo sguardo acutizzava il gelo,
E la sua barba di lunghi peli, rigida come una spada,
Sporgeva, simile a quella di Giuda.
Non era curvo, ma spezzato, la sua schiena
Formava con le gambe un perfetto angolo retto,
Così che il bastone, completando la sua figura,
Gli dava l’aria e il passo malsicuro
D’un quadrupede malato o d’un ebreo zoppicante.
Nella neve e nel fango andava invischiandosi,
Come se schiacciasse dei morti sotto le sue ciabatte,
Piuttosto che indifferente, ostile all’universo.
Un compagno lo seguiva: barba, occhio, schiena, bastone, stracci,
Niente distingueva, dallo stesso inferno venuto,
Questo gemello centenario, e questi spettri barocchi
Procedevano di pari passo verso una meta ignota.
In che complotto infame ero caduto,
O quale malvagio caso così mi umiliava?
Infatti contai sette volte, un minuto dopo l’altro,
Quel sinistro vecchio che si moltiplicava!
Chi ride della mia inquietudine,
E non si sente percorso da un brivido fraterno,
Sappia che malgrado tanta decrepitezza
Quei sette mostri avevano l’aria d’essere eterni!
Avrei potuto, senza morirne, contemplare l’ottavo,
Sosia inesorabile, ironico e fatale,
Disgustosa Fenice, figlio e padre di se stesso?
– Dunque volsi le spalle al corteo infernale.
Esasperato come un ubriaco che vede doppio,
Rientrai a casa, chiusi la porta a chiave, spaventato,
Malato e infreddolito, l’anima febbrile e turbata,
Ferito dal mistero e dall’assurdo!
Invano la mia mente voleva riprendere il timone;
La tempesta mulinando rendeva inutili i suoi sforzi,
E la mia anima ballava, ballava, vecchia barca
Priva di alberi, su un mare mostruoso e senza confini!
(Tratto da I Fiori del male –
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